giovedì 31 luglio 2014

"La più diffusa malattia degli occhi è l'amore a prima vista"




Io avevo smesso di crederci più o meno all’età di 14 anni, quando il mio compagno di banco delle medie mi ha regalato per San Valentino una confezione di baci Perugina scaduti.

Secondo una statistica redatta da un’università finlandese questi sono i numeri: il 45% delle coppie nate da incontri casuali non supera la settimana di frequentazione; il 32% arriva addirittura a superare il mese; il 13% dopo un week end in una spa (in cui lui non ha fatto altro che guardare le curve delle altre) molla il colpo; per il 5% si consuma addirittura la presentazione a una cena di famiglia, durante la quale la futura presunta suocera provocherà la fuga del partner (ininfluente che si tratti della famiglia di lei o di lui); il 3% ci ha creduto a tal punto da decidere di andare a vivere assieme, senza riuscire neanche a scartare tutti gli scatoloni interrompendo prima il rapporto; per l’1% dura tutta la vita (l’Amore esiste!!!); e l’ultimo 1% è rappresentato da tutte le persone come me, come voi: come noi.

Allora il punto è questo: non è che noi non ci crediamo, sia chiaro. Noi crediamo fortemente che esista l’amore a prima vista, eccome! Quante volte siamo stati folgorati al solo sguardo di quella ragazza con i capelli color miele e gli occhi nocciola seduta di fronte a voi in riunione; o del cassiere dello Swiss Corner, dove andate sempre a pranzo lasciando laute mance nella speranza che vi noti? O ancora della ragazza del compagno di classe che chiamavate “il bradipo” che non riuscite a capire come abbia fatto a conquistarla; o del vostro capo: abbronzato, spigliato, e ovviamente sposato…?!

I miei incontri degli ultimi anni non li definirei propriamente amori a prima vista, ma dei veri e propri fulmini a ciel sereno, che non hanno fatto altro che anticipare il tuono, il fragore, il fracasso e il gran casino che avrebbero portato nella mia vita. E spesso e volentieri sono durati esattamente il tempo che intercorre tra il lampo e il tuono: 4 secondi. Cioè, specifichiamo: quell’infatuazione momentanea, il bagliore negli occhi, lo stupore dell’incontro..ecco si, tutto questo circa 4 secondi di durata.

Il mese che segue i 4 secondi è meraviglioso, eccezionale: siete al settimo cielo, ammettetelo! State quasi per dire La Frase, quella frase che non avreste mai pensato di pronunciare (e infatti non illudetevi, probabilmente anche questa volta finirà prima che la possiate pronunciare): “questa volta è diverso”. Poi però inizia a subentrare la monotonia, l’abitudine, lui non ha più voglia di uscire per un gelato, di frequentare gli amici; vi ritrovate anche a dover pagare le cene, a doverlo riaccompagnare a casa in taxi. Iniziate a dubitare di quel trasporto che inizialmente tanto vi aveva colpito: le poche certezze raccolte in un mese iniziano a vacillare e ripensate a tutte le emozioni belle che all’inizio vi stavano portando a pronunciare La Frase.

E allora ripercorrete mentalmente il primo incontro: era febbraio in quel locale in Brera, suonavano “Don’t you wanna be my girl” dei Jet, c’era stato un intenso scambio di sguardi. Il giorno dopo in meno di 3 ore vi ha trovato, ha ottenuto il vostro contatto e vi ha invitato ad uscire: era interessato eccome! Quanto meno molto attivo: “chi ha tempo non aspetti tempo”.

E poi succede, dopo 1 mese di frequentazione, che i suoi amici che si sposano decidono di invitare anche voi al matrimonio. Ma non con una frase poco impegnativa del tipo: “puoi venire anche tu se non vi sarete già lasciati” o “se quel fine settimana fa brutto tempo e non hai intenzione di andare al mare, ci farebbe piacere averti con noi (non solo per il taglio della torta)”. Loro hanno deciso di scrivere il vostro nome sulla partecipazione, tipo Lui+1. Risultato: perdete l’uso della parola per tutta la serata. E anche per i giorni successivi. Il gesto educato di due amici farà crollare il vostro castello, che evidentemente era stato progettato dal primo dei tre porcellini (quello che ha usato la paglia e il lupo ha demolito con un soffio, per intenderci).

Ci metterete 1 mese intero, lungo ed estenuante per chiudere questa relazione. Per fargli capire che la luce che avete visto all’inizio non era un fulmine: ma il fanale del tram 33 che risale Viale Tunisia fino a Corso Buenos Aires. Le proverete tutte ma la sua presenza sarà costante, fino alla frase che stenderebbe al suolo qualsiasi ragazzo: “ormai ti vedo solo come un amico”.
Io sono convinta: esiste l’amore a prima vista, esiste il fulmine a ciel sereno, quello che riempie gli occhi, la mente, le serate. Probabilmente domani mattina sulla metropolitana ne sarò nuovamente investita, o fra qualche settimana sull’aereo per andare in vacanza. La verità però è che, secondo me, esiste l’amore e poi esistono i dettagli dell’amore, che lo trasformano in Amore. A questo credo: l’Amore salverà il mondo. Dovrebbe essere come una “borsa dell’acqua calda mentre fuori nevica”.

lunedì 28 luglio 2014

Il car sharing: questo sconosciuto…

Il peggior nemico: il guidatore con cappello
Quando ce l’hanno detto: “Utilitarie in giro per Milano: le prendi, giri in centro, vai a fare shopping e aperitivo con gli amici” …sembrava un sogno! A me, che a Milano l’unica macchina che prediligo è il taxi, un luccichio ha attraversato lo sguardo; io che ho passato una serata intera in macchina ad aspettare che si liberasse un posticino sotto casa quella sera in cui c’era il lavaggio strade; “Ti riporta a casa e la parcheggi dove vuoi: strisce blu, bianche, gialle, sulle rotaie del tram (non fatelo: vi daranno comunque la multa)”. Stava quasi per scendermi una lacrima dalla commozione…

E poi, scoprire che non solo le smart bianche, ma anche delle chiccosissime 500 rosse, hanno iniziato ad invadere la città! La necessità era tale che sono arrivata a rimpiazzare il mio vecchio Black Berry con un meraviglioso iPhone, in modo da avere l’app per essere sempre “connessa”. Ti senti proprietaria di 300 autovetture, sempre pronta a salpare per nuove indimenticabili avventure all’interno della famigerata area C, senza doverti preoccupare di cercare un distributore di benzina quando sei riserva, o di fermarti a cercare il gratta sosta lasciando la macchina incustodita per quella manciata di minuti che serve agli ausiliari di darti la multa…

Tutto meraviglioso! Un nuovo modo di vivere la città…

Quindi sblocchi il tuo iPhone, accedi alla app, e consenti al dispositivo di accedere alla tua posizione. La mappa di Milano si materializza, si avvicina alla tua posizione e……..e…….ma dove sono tutte?! Non avevano detto che sono 300?!

Ecco che si consuma il (primo) dramma: la smart più vicina è alla Stazione Centrale, e la 500rossa….nei pressi dell’Idroscalo. Allora aspetti un attimo, pensando “beh, ci sarà qualcuno che parcheggia qui vicino”. La determinazione è tale che saresti disposta ad aspettare tutta la notte. Ed ecco che dopo 10 minuti di attesa si materializza sullo schermo: è nella prima via sulla destra. Oltre piazza della Repubblica. Inizi a pigiare con determinazione il tuo touch-screen per 5 interminabili secondi e poi..sparisce. Già prenotata.

Sappiate che succederà sempre così, o comunque quasi sempre così. Se non una volta: l’unica in cui riuscirete a prenotare una di quelle smart con cambio automatico.

Nonostante l’agitazione iniziale per non essere riuscite a spostare il sedile, riuscirete addirittura ad accendere la radio. Ed eccovi lì, ma guardatevi: siete meravigliose! Vi fate anche un selfie e lo postate immediatamente su un social network, orgogliose della vostra conquista!

Siete arrivate a destinazione: ricordatevi si spegnere le luci, chiudere i finestrini e tirare il freno a mano. Potete ora riporre la chiave nell’apposito alloggiamento. Potete sfilarla dal quadro…potete toglierla…DOVETE TOGLIERLA E USCIRE: i vostri amici hanno già finito l’aperitivo!!!

Passerete “soltanto” 15 minuti a cercare di sfilare la chiave, perché non avendo mai guidato un’auto con cambio automatico, nessuno vi ha detto che se la leva del cambio non è in folle, la macchina quella chiave è come se la volesse inghiottire. Vi troverete con in mano solo la parte in plastica nera della chiave, e inizierete a sudare dall’agitazione: l’abitacolo diventerà un forno. Riuscirete ad estrarre la chiave quando ormai avrete quasi perso le speranze e starete cercando di riavviare la macchina. Scenderete pensando “è solo la prima volta: la prossima andrà meglio”.
Il giorno dopo vi arriverà un messaggio: “Grazie per aver utilizzato il servizio. Abbiamo provveduto a detrarre € 16,52 per i 25 minuti di utilizzo”. Considerando che i primi 2 minuti li avete passati a cercare di regolare il sedile e gli ultimi 15 ad estrarre la chiave….tornerete alle vostre sane vecchie abitudini: “Taxiiiii!!!”

domenica 27 luglio 2014

Quando gli amici si sposano...

Non so se anche voi abbiate avuto questa impressione, ma ultimamente sembra che Cupido si sia scatenato, che tutti i vostri amici, anche quelli che fino a qualche mese fa si facevano venire l'orticaria al solo pensiero di vedersi sull'altare con un abito bianco, hanno improvvisamente capito che l'unico motivo di realizzazione della loro esistenza è il matrimonio. La vostra compagna del liceo si sposa con quel tizio conosciuto all'università, il cugino che non vedete da tempo ha deciso di trasferirsi i provincia di Mestre per poter “condividere i piccoli gesti quotidiani” (ha detto proprio così) con la fidanzata incontrata a Mykonos l'estate scorsa, e il vostro capo sempre abbronzato convola a "giuste" nozze con la figlia del presidente.
E voi?! A voi non resta che scongiurare di non essere invitati a nessuna di queste cerimonie.

Ma quello che mi succede un sabato sera qualunque, in cui ero uscita solo per avere un pretesto per indossare una giacca nuova, ha davvero dell'inverosimile...

Quella coppia di amici di sempre, che non vedo mai se non in estate, quando inizio ad andare fuori città per il fine settimana, si sposa fra un mese! E il loro matrimonio è sulla bocca di tutti: la compagnia storia ha addirittura affittato un pullman per andare al ristorate...e io, che ho assistito in disparte a tutti i preparativi, non ho ricevuto neanche l'ombra di una partecipazione.
Sono seduta casualmente di fianco alla sposa che ovviamente mi mostra orgogliosa le foto dell'abito in quello stile Lady Diana anni ‘80, dei fiori e delle bomboniere; e passa in rassegna per i 20 minuti successivi tutto quello che ancora, a distanza di solo un mese, le rimane da fare: "scatoline di confetti per i non invitati, comprare lanterne cinesi da far volare dopo la cena (mai sentita una cosa più trash?!), comprare regalo per le testimoni.....sai, pensavo di andare da Tiffany per non sbagliare.."
Ed ecco che improvvisamente una luce appare nel suo sguardo: "ma certooo! Tu che lavori in centro...non potresti andarci tu per me?! Sarebbe perfetto!" Mi guardo in giro cercando di capire a chi si stia rivolgendo...eh si: sta parlando proprio con me! Io che li incrocio stasera per la prima volta dopo mesi di assenza; io che piuttosto di andare a un matrimonio passerei il week end di ferragosto a fare le pulizie di casa. Ma soprattutto io che – forse la sposa ha trascurato questo particolare – non sono stata invitata al matrimonio.
"Cara, andrei con piacere. Ma Tiffany apre quando sono già in ufficio e chiude molto prima che io esca dall'ufficio...vorrei tanto, ma temo di non poterti aiutare.." Prova con altri tentativi: “Non è aperto di sabato” e le ricordo che piuttosto di trascorrere un week end di giugno a Milano andrei a manifestare per la lotta contro la morte delle zanzare. “Non c’è almeno una sera in settimana in cui tiene aperto fino alle 22?” non tutti i negozi in centro fanno gli orari della Rinascente, le spiego in tono gentile. La delusione attraversa il suo viso....e io sto esultando dentro per essermi divincolata da questo momento di imbarazzo.
Quando ad un tratto.... "Ma se tu fossi qui proprio il giorno del matrimonio, beh ovvio: ti aspettiamo per il taglio della torta!"


Ricapitoliamo: io non sono stata invitata a questo matrimonio, di cui se ne parla da sei mesi, mi hanno chiesto di andare da Tiffany a comprare i regali per le testimoni (senza essere invitata al matrimonio) e, per cercare in extremis di allontanare i sensi di colpa, ottengo un esclusivissimo invito per il Taglio della torta?! Ma cos'è un compleanno?!?! La festa delle medie in cui mia madre mi obbligava a invitare il figlio obeso dei vicini "almeno a mangiare la torta"?!

Sorrido, respiro, prendo coraggio e con il sorriso zuccheroso delle grandi occasioni, riesco a dire: "Cara, sarà un vero piacere".
Nel mentre sfilo l’iPhone dalla borsetta per lanciare l’invito nella chattina delle amiche (quelle simpatiche): “Ragazze, sabato sera Club Haus?!” 

Il Prologo

Questo non è un blog, iniziamo con una fondamentale precisazione. Questo è un “non luogo”, un “placez pas”, in cui i fatti di vita quotidiana, le “cronache” appunto, vengono raccontati, ripercorsi, rivisti da un’altra prospettiva. Ma soprattutto questo è il “non luogo” in cui dare forma a quello che ognuno di noi pensa, che inconsapevolmente e istintivamente ci passa per la testa nel momento in cui quel tizio in macchina è passato in una pozzanghera a tutta velocità e ci ha completamente infradiciato, o quando la nuova fidanzata del vostro migliore amico si rivolge a voi in modo irritante, suscitando una reazione alla Ally McBeal, avete presente?

Questo, per me, vuole essere anche il “non luogo” fatto di giornate di inizi primavera, quelle in cui l'aria è ancora troppo fredda per prendere la bicicletta e andare in riva al lago; di sguardi intensi e di strette di mani energiche; fatto di e (soprattutto) dalle persone che non hanno paura di dire quello che pensano o che non si vergognano di uscire di casa con un cappello nuovo pensando a quello che potrebbero dire gli altri. Fatto da chi ha qualcosa da dire e ha voglia di ascoltare, non soltanto di “sentire”; di sentire il sole caldo sulla pelle, l'acqua fredda del mare di aprile, il calore del piumone quando fuori nevica, l'abbraccio di un'amica quando hai il cuore a pezzi, la voce della mamma al telefono quando sei dall'altra parte del mondo. Dedicato a chi è capace di piangere fino a non poterne più, ridere fino a mancare il fiato; ballare con le luci spente e cantare in macchina “Summer of 69” senza sapere le parole; urlare fino a non avere voce e tacere, per ritrovarsi nei propri silenzi; correre fino a non sentire più le gambe e amare in modo incondizionatamente vero. Dedicato a tutti coloro che amano leggere fino a tardi, viaggiare, conoscere, condividere, amare, gioire, lavorare tanto e impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi e preservare i propri successi. Vivere intensamente.

Perché “Cronache di un cappello”? Il cappello innanzitutto è tradizione, che ci portiamo dietro dalle origini più lontane in Egitto, in Grecia, in Asia fino all’epoca più moderna quando in Europa si diffonde la moda del cappello elegante, a partire dalla Francia e dall’Inghilterra per arrivare alla grande produzione italiana dell’Ottocento e del Novecento. Presente in tutte le civiltà è un simbolo dalle molte valenze, culturali, sociali, individuali; influenza i codici comunicativi, rappresenta visioni del mondo, è metafora della creatività che si sprigiona dalla sede del pensiero sulla quale sta appoggiato.
Esiste un cappello per ogni tipo di testa, ed esistono teste per diversi tipi di cappelli. Il cappello è un soffio di magia: cela il capo e ne prende forma, ma ne trascende e si comporta come se “parlasse una lingua propria”.

Il cappello è il “non luogo” per eccellenza in questo caso, che detta in modo inderogabile le  regole per indossarlo e che, se applicate alla nostra quotidianità, sanno dare le direttive per cogliere tutti gli aspetti della vita, tutte le sfumature che ci fanno sentire vivi da vivi.

 i.  Osa. Se un cappello ti piace, indossalo.
ii.   Da capo a piedi? Se focalizzi l'attenzione sulla testa, i piedi potranno essere piuttosto anonimi.
iii.  Non indossare cappelli tutti i giorni. L'effetto sarà maggiore.
iv.  La qualità dei cappelli deve essere alta e raffinata.
v.  Non togliere il cappello quando sei al chiuso, fa parte del tuo look.
vi.  Se ti senti osservata o al centro dell’attenzione: sorridi!