domenica 27 luglio 2014

Il Prologo

Questo non è un blog, iniziamo con una fondamentale precisazione. Questo è un “non luogo”, un “placez pas”, in cui i fatti di vita quotidiana, le “cronache” appunto, vengono raccontati, ripercorsi, rivisti da un’altra prospettiva. Ma soprattutto questo è il “non luogo” in cui dare forma a quello che ognuno di noi pensa, che inconsapevolmente e istintivamente ci passa per la testa nel momento in cui quel tizio in macchina è passato in una pozzanghera a tutta velocità e ci ha completamente infradiciato, o quando la nuova fidanzata del vostro migliore amico si rivolge a voi in modo irritante, suscitando una reazione alla Ally McBeal, avete presente?

Questo, per me, vuole essere anche il “non luogo” fatto di giornate di inizi primavera, quelle in cui l'aria è ancora troppo fredda per prendere la bicicletta e andare in riva al lago; di sguardi intensi e di strette di mani energiche; fatto di e (soprattutto) dalle persone che non hanno paura di dire quello che pensano o che non si vergognano di uscire di casa con un cappello nuovo pensando a quello che potrebbero dire gli altri. Fatto da chi ha qualcosa da dire e ha voglia di ascoltare, non soltanto di “sentire”; di sentire il sole caldo sulla pelle, l'acqua fredda del mare di aprile, il calore del piumone quando fuori nevica, l'abbraccio di un'amica quando hai il cuore a pezzi, la voce della mamma al telefono quando sei dall'altra parte del mondo. Dedicato a chi è capace di piangere fino a non poterne più, ridere fino a mancare il fiato; ballare con le luci spente e cantare in macchina “Summer of 69” senza sapere le parole; urlare fino a non avere voce e tacere, per ritrovarsi nei propri silenzi; correre fino a non sentire più le gambe e amare in modo incondizionatamente vero. Dedicato a tutti coloro che amano leggere fino a tardi, viaggiare, conoscere, condividere, amare, gioire, lavorare tanto e impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi e preservare i propri successi. Vivere intensamente.

Perché “Cronache di un cappello”? Il cappello innanzitutto è tradizione, che ci portiamo dietro dalle origini più lontane in Egitto, in Grecia, in Asia fino all’epoca più moderna quando in Europa si diffonde la moda del cappello elegante, a partire dalla Francia e dall’Inghilterra per arrivare alla grande produzione italiana dell’Ottocento e del Novecento. Presente in tutte le civiltà è un simbolo dalle molte valenze, culturali, sociali, individuali; influenza i codici comunicativi, rappresenta visioni del mondo, è metafora della creatività che si sprigiona dalla sede del pensiero sulla quale sta appoggiato.
Esiste un cappello per ogni tipo di testa, ed esistono teste per diversi tipi di cappelli. Il cappello è un soffio di magia: cela il capo e ne prende forma, ma ne trascende e si comporta come se “parlasse una lingua propria”.

Il cappello è il “non luogo” per eccellenza in questo caso, che detta in modo inderogabile le  regole per indossarlo e che, se applicate alla nostra quotidianità, sanno dare le direttive per cogliere tutti gli aspetti della vita, tutte le sfumature che ci fanno sentire vivi da vivi.

 i.  Osa. Se un cappello ti piace, indossalo.
ii.   Da capo a piedi? Se focalizzi l'attenzione sulla testa, i piedi potranno essere piuttosto anonimi.
iii.  Non indossare cappelli tutti i giorni. L'effetto sarà maggiore.
iv.  La qualità dei cappelli deve essere alta e raffinata.
v.  Non togliere il cappello quando sei al chiuso, fa parte del tuo look.
vi.  Se ti senti osservata o al centro dell’attenzione: sorridi!

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