Questo
non è un blog, iniziamo con una fondamentale precisazione. Questo è un “non
luogo”, un “placez pas”, in cui i fatti di vita quotidiana, le “cronache”
appunto, vengono raccontati, ripercorsi, rivisti da un’altra prospettiva. Ma
soprattutto questo è il “non luogo” in cui dare forma a quello che ognuno di
noi pensa, che inconsapevolmente e istintivamente ci passa per la testa nel
momento in cui quel tizio in macchina è passato in una pozzanghera a tutta
velocità e ci ha completamente infradiciato, o quando la nuova fidanzata del
vostro migliore amico si rivolge a voi in modo irritante, suscitando una
reazione alla Ally McBeal, avete presente?
Questo,
per me, vuole essere anche il “non luogo” fatto di giornate di inizi primavera, quelle in cui
l'aria è ancora troppo fredda per prendere la bicicletta e andare in riva al
lago; di sguardi intensi e di strette di mani energiche; fatto di e
(soprattutto) dalle persone che non hanno paura di dire quello che pensano o
che non si vergognano di uscire di casa con un cappello nuovo pensando a quello
che potrebbero dire gli altri. Fatto da chi ha qualcosa da dire e ha voglia di
ascoltare, non soltanto di “sentire”; di sentire il sole caldo sulla pelle,
l'acqua fredda del mare di aprile, il calore del piumone quando fuori nevica,
l'abbraccio di un'amica quando hai il cuore a pezzi, la voce della mamma al
telefono quando sei dall'altra parte del mondo. Dedicato a chi è capace di piangere
fino a non poterne più, ridere fino a mancare il fiato; ballare con le luci
spente e cantare in macchina “Summer of 69” senza sapere le parole; urlare fino
a non avere voce e tacere, per ritrovarsi nei propri silenzi; correre fino a
non sentire più le gambe e amare in modo incondizionatamente vero. Dedicato a
tutti coloro che amano leggere fino a tardi, viaggiare, conoscere, condividere,
amare, gioire, lavorare tanto e impegnarsi per raggiungere i propri obiettivi e
preservare i propri successi. Vivere intensamente.
Perché
“Cronache di un cappello”? Il cappello innanzitutto è tradizione, che ci
portiamo dietro dalle origini più
lontane in Egitto, in Grecia, in Asia fino all’epoca più moderna quando in
Europa si diffonde la moda del cappello elegante, a partire dalla Francia e
dall’Inghilterra per arrivare alla grande produzione italiana dell’Ottocento e
del Novecento. Presente in tutte le civiltà è un simbolo dalle molte valenze,
culturali, sociali, individuali; influenza i codici comunicativi, rappresenta
visioni del mondo, è metafora della creatività che si sprigiona dalla sede del
pensiero sulla quale sta appoggiato.
Esiste
un cappello per ogni tipo di testa, ed esistono teste per diversi tipi di
cappelli. Il cappello è un soffio di magia: cela il capo e ne prende forma, ma
ne trascende e si comporta come se “parlasse una lingua propria”.
Il
cappello è il “non luogo” per eccellenza in questo caso, che detta in modo
inderogabile le regole per indossarlo e
che, se applicate alla nostra quotidianità, sanno dare le direttive per
cogliere tutti gli aspetti della vita, tutte le sfumature che ci fanno sentire
vivi da vivi.
i. Osa. Se un
cappello ti piace, indossalo.
ii. Da capo a
piedi? Se focalizzi l'attenzione sulla testa, i piedi potranno essere piuttosto
anonimi.
iii. Non
indossare cappelli tutti i giorni. L'effetto sarà maggiore.
iv. La qualità
dei cappelli deve essere alta e raffinata.
v. Non togliere
il cappello quando sei al chiuso, fa parte del tuo look.
vi. Se ti senti
osservata o al centro dell’attenzione: sorridi!
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